Un gioiello architettonico dall'immenso valore storico e culturale: è così che molti siti, a ragion veduta, descrivono la chiesa di santa Liberata di Acquaro. Quella ubicata nel centro vibonese è una delle tante chiese dedicate alla martire ma, al pari delle altre, nasconde un segreto: è intitolata a una santa non riconosciuta dal Vaticano.
Come detto in apertura di testo, non si tratta di un unicum. La figura religiosa ha una forte devozione in tutto il Meridione, mentre al Nord è addirittura patrona o copatrona di alcune parrocchie (e conseguentemente le feste in suo onore sono più marcate). A Roma però, da diverso tempo, hanno messo un punto a riguardo.
Santa Liberata, identificata in altre zone anche come santa Wilgefortis, non rientra nel Martirologio Romano, il registro in cui la Chiesa cattolica raccoglie la vita e le storie di tutti i santi. Il motivo? Per l’ente ecclesiastico quella legata alla donna è una leggenda popolare medievale o, detto in termini più tecnici, la sua esistenza e le sue gesta non sono storicamente documentate.
L’iconografia che vede una giovane crocifissa – è il caso del simulacro presente ad Acquaro in foto di copertina e non solo – nasce da un equivoco: nel Medioevo si erano diffuse alcune immagini in cui il Cristo crocifisso, anziché con il classico perizoma, veniva rappresentato sulla croce con una lunga tunica fino ai piedi. I lineamenti dolci di molte di queste raffigurazioni, uniti alle scarse conoscenze teologiche e artistiche, portarono a trasformare questa figura da uomo a donna.
La leggenda nata attorno a questa effigie è la seguente: Liberata era figlia di un uomo pagano il quale, ignaro della fede cristiana e del voto di castità della figlia, l’aveva promessa sposa. La donna però, volendo mantenere la sua promessa a Cristo, rifiutava le nozze. Non sapendo come salvarsi senza tradire il proprio credo, iniziò a pregare Dio affinché la rendesse “indesiderabile”. La supplica fu ascoltata e Liberata, improvvisamente, si ritrovò con una lunga barba sul viso (che viene riproposta anche in alcune statue). Da qui il rifiuto del pretendente di convolare a nozze con lei e l’ira del padre. Quest’ultimo, adirato secondo la leggenda – unitamente al fraintendimento spiegato sopra – l’avrebbe fatta crocifiggere (ma per un santo questo è un caso rarissimo), mentre alcuni studiosi di allora, con un’assenza quasi totale di fonti documentate, concordano invece sul fatto che la sua morte sia avvenuta a seguito di una pugnalata o di una decapitazione.
Da questa vicenda e dal suo nome nasce l’invocazione delle donne a santa Liberata, diffusa anche adesso, affinché interceda per essere liberate da matrimoni indesiderati, maltrattamenti o oppressioni familiari. Più genericamente, sono in tanti a chiedere aiuto all’aureolata per essere “liberati” da problemi, pensieri e circostanze che in quel momento turbano le loro vite.
La rimozione dal Martirologio Romano non implica comunque, in automatico, la soppressione delle feste in suo onore. In casi come questo, la Chiesa permette che resti una tradizione locale e popolare. Le sculture possono continuare a far parte di quell’immenso patrimonio culturale di cui il Vaticano dispone, nonché della devozione storica. Anche pregare per lei resta possibile, sebbene – per i motivi summenzionati – non esistano più celebrazioni liturgiche ufficiali a lei dedicate. Più sinteticamente: nessun riconoscimento come santa, ma la tradizione – dove c’è – può e deve essere preservata.
I motivi sono tanto semplici quanto importanti: in primis perché le statue non sono solo oggetti, ma anche storia, identità e cultura di un luogo, e la Chiesa è molto attenta a queste dinamiche. Poi perché per secoli, anche se più come simbolo che come fatto storico, esse hanno rappresentato sofferenze e oppressioni familiari da parte delle donne, nonché il desiderio di libertà di tante persone. Santa Liberata storicamente non è mai esistita, ma i bisogni che hanno portato alla nascita della sua figura sono rispettati dalla Santa Sede. Infine, una rimozione totale potrebbe ferire e allontanare molta gente.
Sino a poco più di un decennio fa, santa Liberata veniva festeggiata ad Acquaro la terza domenica di luglio, con un programma che prevedeva eventi religiosi e civili. «Una peculiarità delle manifestazioni sociali – dichiarano i ben informati – era il cinema in piazza. A lei, inoltre, erano dedicati molti pellegrinaggi di fedeli, che da paesi limitrofi raggiungevano Acquaro a piedi». Gli stessi storici del paese riferiscono di una grande devozione da parte dei cittadini di Ciano, nonché di una particolare attenzione alla religiosa da parte di donne sterili (che chiedevano la grazia). Fatti che mostrano concretamente come nel territorio il legame con la santa sia di quelli importanti.
Tra l’altro – è sempre bene rammentarlo – di casi analoghi se ne registrano diversi: santa Filomena (molto sostenuta da Padre Pio e dal Curato d’Ars) o san Cristoforo, giusto per citarne alcuni. Elementi che però negano solo l’approvazione liturgica universale, ma non la festa popolare tradizionale.